II Classificato

 

“LOTTA SENZA FINE”

di GIANLUCA AGOMERI

 

 

[New York, 13 Novembre 2011. Scandalo nei piani alti della finanza. George Handry, Presidente della “US Financial Star”, la principale compagnia finanziaria d’America, coinvolto in un giro di tangenti. Accuse circostanziate sono state lanciate dal suo vice, Paul H. Kings, e rivelano gli stretti intrecci tra politica e finanza che avrebbero coinvolto Mr. Handry al tempo dell’operazione che aveva portato, nel luglio del 2009, all’acquisizione della Federal e-Bank, il colosso bancario on-line…] Mike J. Forther, Financial Times.

 

Chi l’avrebbe mai detto che la fine della società civile sarebbe stata opera di un solo uomo? Dan sorrideva con ironia a questo pensiero. Millenni di civilizzazione, di lotte e rivolte per la libertà e l’uguaglianza, di scoperte scientifiche e culturali, di popoli che si sono succeduti evolvendo nei costumi e nell’organizzazione sociale, tutto spazzato via a causa di una sola persona. Certo, le fondamenta del mondo creato dagli uomini erano fragili e destinate prima o poi al collasso, basate solo sulla smania, da parte di pochi individui, di accumulare ricchezze che erano inevitabilmente sottratte alla massa, incentrate sull’egoismo e sulla sopraffazione, senza pietà per i deboli, subdola e accondiscendente con i potenti. Chi avrebbe potuto pensare, però, che questo castello di carte sarebbe caduto su se stesso al primo soffio di vento?

Tuttavia Dan sapeva con certezza che, così come era stata sottovalutata l’instabilità della costruzione sociale umana, allo stesso modo il suo nemico aveva sopravvalutato l’entità della vittoria. La razza umana era stata gettata col viso nel fango, con individui ridotti a vivere nelle grotte o nei resti di quelle che erano le abitazioni di tre secoli prima, analfabeti non più capaci di comprendere la tecnologia di allora, barbari senza un tessuto sociale che fosse più evoluto di quello tribale, agricoltori e cacciatori vestiti di pelli di animali ed armati di spranghe, bastoni o lance dalle punte di pietra. Per un breve periodo dopo l’ecatombe, gli uomini erano stati in grado di utilizzare qualche strumento della civiltà scomparsa per fabbricare armi, ma ben presto la metallurgia era stata dimenticata ed esistevano solo pochi esemplari di spade, corazze ed elmi, mentre pistole e fucili erano stati abbandonati a causa dell’incapacità di ottenere polvere da sparo. Gli antichi egiziani del 2000 a.C. avrebbero guardato con disprezzo e superiorità gli uomini di oggi. Tuttavia, nonostante questo Dan sapeva che l’umanità si sarebbe rialzata, sarebbe evoluta un’altra volta, verso nuovi splendori, nuove scoperte, nuove ere d’oro… E nuove distruzioni. Era il ciclo della storia, e sarebbe continuato così fino a quando il sole si fosse spento.

Dan scosse il capo; gli uomini avevano il dono dell’intelligenza. Ma era davvero un dono? Gli scarafaggi non ne erano dotati, eppure la loro specie avrebbe resistito a qualsiasi calamità, e molto meglio degli umani.

“Basta, è ora di iniziare la caccia.” si disse infine, tornando alla sua attività che ormai andava avanti da un tempo che non riusciva nemmeno più a quantificare.

Chiuse gli occhi e lasciò che la magia affiorasse; la fece uscire dal suo corpo, le fece sondare l’ambiente circostante, spingendola sempre più in là, oltre le foreste e le colline. Finalmente trovò colui che cercava e si mise in moto.

 

[New York, 19 Dicembre 2011. La crisi finanziaria si propaga a passi sempre più rapidi. Dopo lo scandalo che ha coinvolto George Handry, nonostante le ripetute smentite dello stesso e del suo principale accusatore, Paul H. Kings, il tracollo in borsa della “US Financial Star” ha portato, oggi, alla dichiarazione dello stato di bancarotta della società. E’ però l’intero settore finanziario ad essere duramente colpito dalla crisi: almeno tre colossi bancari negli Stati Uniti stanno rischiando un’uguale sorte e non va certo meglio in Europa ed in Asia, dove le imprese, soffocate dalla mancanza di capitali che le banche non sono più in grado di fornire, sono costrette a licenziare o a chiudere i battenti…] Mike J. Forther, Financial Times.

 

“Mai esporsi in prima persona, vero vecchio mio?”

Il Gwinch si voltò di scatto, sorpreso di essere stato scoperto. Si era appartato all’interno di un boschetto di castagni, per assistere all’evolversi degli eventi come lo spettatore di una tragedia greca. Prima ancora di vederlo, sapeva già che a parlare era stato il Than, ed infatti fu proprio lui che si trovò di fronte. Fece un ghigno che mescolava rabbia ed odio.

“Certo, per quale motivo sporcarsi le mani quando può farlo un altro al posto tuo?” rispose, mentre con rapidi movimenti degli occhi valutava le possibili vie di fuga.

“Ah, certo. E chi meglio del Re degli Unni? Com’è che si chiama? Ah, Attila. Sarei tanto curioso di sapere come hai fatto a convincerlo…” continuò il Than, tenendo d’occhio i movimenti dell’avversario.

“E’ un uomo, pertanto è facile da corrompere come chiunque altro.”

“E con questo pensi di riuscire nel tuo intento?” domandò ancora il Than, sorridendo amabilmente ma senza perdere di vista il suo interlocutore.

“La civiltà romana è destinata a crollare. E’ come un albero marcio nell’interno del suo fusto: può dare impressione di solidità, ma in realtà sta per morire.” rispose il Gwinch sogghignando.

“Oh, ancora non è arrivato il momento… Ho già preso le mie contromisure, il tuo Attila non andrà oltre il Po.”

“E chi pensi che lo fermerà? L’esercito romano? Così impegnato a far salire al trono prima l’uno e poi l’altro imperatore? Ti sbagli, caro mio.”

“Nessun esercito di soldati. Lo fermerà un papa, armato di crocefisso.”

Il Gwinch sbottò in una sonora risata.

“Un papa… Questa civiltà sta per finire, stolto. Lo hanno capito tutti tranne te.”

“Potrebbe anche succedere, ma non oggi.” sentenziò il Than. “E comunque terminerebbe un impero, non una civiltà.”

“Illuso!” esclamò l’altro.

Con uno scatto rapidissimo il Gwinch passò di lato al Than e si diede alla fuga, proiettando dietro di sé uno scudo difensivo di magia; ma, prima che la protezione magica fosse completata, l’avversario riuscì a penetrarla con un fuoco giallo che uscì dalle sue mani, il quale investì in pieno il fuggitivo facendolo crollare al suolo.

“Credo che ora dovrò ucciderti, mio caro.” disse il Than al moribondo.

“Non sarebbe la prima volta…” rispose lui, con un filo di voce e sforzandosi di restare in vita ancora un po’. “Ci rivedremo, lo sai. Non puoi vincere contro di me!”

Con un altro lampo giallo il Than lo finì.

“Ci rivedremo, purtroppo, lo so…” pensò tristemente quando vide polverizzarsi il corpo senza vita del nemico.

 

[New York, 13 Giugno 2012. Gli Stati Uniti vicini alla bancarotta? Questo il terribile scenario che si sta pavesando a valle della decisione del Governo di chiudere a tempo indeterminato le contrattazioni a Wall Street. In sei mesi la borsa ha perso circa il 92% del suo valore e più dei due terzi delle società quotate hanno dichiarato il fallimento. Sulla scia di questo disastro finanziario, tutti i Paesi del mondo hanno subìto contraccolpi inimmaginabili, che hanno portato alla dissoluzione dell’Unione Europea ed alla caduta dei Governi di alcuni degli stati più industrializzati del pianeta. Intanto milioni di persone hanno perso il lavoro e la produzione è bloccata, con cibo e medicinali che scarseggiano. Bande armate di anarchici e disperati si fronteggiano per il possesso delle poche risorse ancora disponibili, mentre i pochi poliziotti rimasti fedeli alla legge sono insufficienti a fronteggiare l’emergenza…] Mike J. Forther, Financial Times.

 

Il Than era seduto sul marciapiede in un vicolo buio dei sobborghi di New York, con le spalle poggiate al muro di uno spoglio palazzo grigio. Ansimava per la corsa e per lo sforzo di resistere al dolore, mentre con le mani cercava di tamponare la ferita sul fianco destro. Triste destino il suo… Lui e suo fratello, il Gwinch, si erano dati battaglia nel corso dei millenni per il raggiungimento di un fine comune: la sopravvivenza della specie umana. Erano però differenti i modi con cui entrambi speravano di ottenere tale risultato: il Than era un sostenitore dell’evoluzione, convinto della superiorità dell’uomo rispetto agli altri esseri viventi, mentre il Gwinch lottava per la distruzione di ogni forma di società strutturata, certo che l’essere umano, per il suo stesso bene, dovesse vivere lontano dai suoi simili. L’intelligenza superiore che la natura aveva donato all’uomo era vista dal Than come un privilegio che lo innalzava sopra ogni altro essere, mentre suo fratello la reputava un cancro che ne deviava i comportamenti, spostando l’obiettivo della sua esistenza dal mantenimento della stessa alla supremazia sugli altri individui.

Il Gwinch traeva la sua forza dal caos, il Than dall’armonia tra gli uomini. Con alti e bassi, i due si erano fronteggiati sin da quando la specie umana aveva fatto la sua comparsa, ed il Than ne era sempre uscito vittorioso; ma da alcuni secoli la strategia del rivale era diventata più raffinata e subdola. Non si esponeva mai in prima persona, cosa che rendeva sempre più difficile al Than il compito di rintracciarlo; seminava odio e discordia di nascosto, nell’ombra, pronto a cogliere il momento opportuno. Aveva ispirato le crociate, dando il via ad un attrito tra due religioni che sarebbe stato molto difficile estirpare; aveva fatto nascere negli uomini la cultura del diverso, fonte di un razzismo che li avrebbe accompagnati per sempre, raggiungendo il culmine nella seconda guerra mondiale. Tuttavia, ogni volta il Than era riuscito a batterlo, ed ogni volta la società umana era risorta dalle sue ceneri.

Questa volta, però, era stato il Gwinch a dare la caccia al fratello ed a sconfiggerlo. Il Than era sfuggito alla morte per un puro caso, ma temeva che non sarebbe riuscito a vedere l’alba del giorno seguente. Aveva sottovalutato il male che serpeggiava tra gli uomini, si era fatto abbindolare da un falso perbenismo e da una finzione di armonia che gli avevano fatto credere che la società che si era affacciata al ventunesimo secolo si reggesse su basi solide e durature. Non era però così, ed il Gwinch lo sapeva: aveva cercato il fratello e gli aveva dimostrato, per la prima volta nella storia di questa infinita lotta, di essere più forte di lui. Il Than lo aveva ucciso decine di volte nei secoli, ed altrettante volte il rivale era risorto, ma se le sorti si fossero invertite l’esito sarebbe stato molto diverso: il Than, a differenza dell’altro, non aveva la capacità di rinascere.

A fatica si rimise in piedi e, barcollando, cercò rifugio all’interno dell’edificio. Quando però aprì la piccola porta di servizio dalla maniglia arrugginita e la vernice scrostata, un lampo di luce violetta lo investì, sbattendolo con violenza addosso alla parete del palazzo adiacente. Il Gwinch lo aveva trovato.

“16 Giugno 2012: ricorderò per sempre questa data!” disse il Gwinch sorridendo, pronto a gustarsi la vittoria.

 

[New York, 25 Dicembre 2012. Forse questo sarà il Natale più tragico della storia dell’umanità. Missili cinesi hanno raso al suolo Denver, mentre la forza aerea americana cerca di contrastare l’attacco dell’asse Pechino-Tokyo. Nel frattempo in Europa si combatte su più fronti e l’uso di armi atomiche è all’ordine del giorno. Si stima che dall’inizio della guerra siano state già fatte esplodere trecento testate nucleari, anche se fonti non ufficiali parlano di un numero molto superiore. I morti si contano a milioni, mentre il tasso di radioattività dell’aria è cresciuto di venti volte in tutto il pianeta…] Mike J. Forther, Financial Times.

 

Dan osservava gli scheletri dei palazzi di quella che tre secoli prima era la città di Londra. Gli edifici in rovina sembravano giganti di cemento che si sgretolavano al sole, con gli occhi vuoti delle finestre senza vetri. Cespugli e rampicanti si erano fatti strada tra l’asfalto, riconquistando a poco a poco il loro antico predominio sul mondo, mentre bestie di varie specie si muovevano liberamente sulle vecchie strade. Branchi di uomini in cerca di cibo si aggiravano nell’antica città, armati di spranghe o bastoni e vestiti di pelli di animali. Uno di questi individui si voltò a guardare Dan ed inveì minacciosamente contro di lui, pronunciando parole in una lingua molto lontana dall’inglese del ventesimo secolo. Ignorando tutto ciò che vedeva, Dan proseguì per la sua strada, seguendo i segnali che i suoi sensi magici gli stavano inviando; era a pochi metri da colui che stava inseguendo, il momento della resa dei conti stava per arrivare.

La società civile umana era stata spazzata via trecento anni prima, abbattuta dalla fragilità del suo stesso tessuto, basato sulle ambizioni personali piuttosto che sul bene comune. Una crisi finanziaria devastante aveva messo in ginocchio le economie di tutti gli stati del globo e le autorità nazionali erano crollate una ad una, facendo piombare il mondo nel caos e nell’anarchia. Erano scoppiate guerre per il possesso delle risorse, nelle quali erano state impiegate armi la cui mostruosa distruttività era ignota persino agli stessi uomini che le avevano fabbricate. Il mondo era piombato così nella barbarie, l’istinto di sopravvivenza dei superstiti aveva cominciato a prevalere sulla sete di benessere e di conoscenza, la tecnologia era stata via via abbandonata e la scienza sepolta sotto le macerie del passato. La notte era calata sul destino degli uomini sopravvissuti all’ecatombe, che erano regrediti ad uno stato di rozzezza primitiva.

Dan rifletté sul bizzarro evolversi della storia dell’umanità, costellata di lenti periodi di crescita scientifica e culturale e di fasi di repentina regressione. Le distruzioni delle civiltà che si erano succedute nei secoli si erano presentate ogni volta con la stessa forma, fatta di violenza e odio, e più l’uomo cercava di tirarsi fuori dai resti fumanti di un passato irrimediabilmente perso, più andava incontro ad un’altra distruzione. Tuttavia la società umana non era mai morta del tutto, si era sempre immancabilmente ricostruita dalle sue macerie, tornando più fiorente di prima. Questa volta era stato diverso: la civiltà degli uomini così come si conosceva era stata cancellata per sempre; questa volta era morta davvero. Ne sarebbe però nata un’altra, diversa da prima, sotto un’altra forma, e l’eterno susseguirsi di alti e bassi sarebbe continuato fino alla fine dei tempi.

In fondo questo era anche il destino del Gwinch e del Than.

Dan individuò colui che stava cercando; era in piedi, ignaro della sua presenza, davanti ad un posto che nell’antichità era stato probabilmente un negozio. Lo raggiunse a rapide falcate e solo quando gli fu vicino lo salutò.

“Ben trovato, fratello mio.”

Il Gwinch si voltò di scatto ed un’espressione di profondo stupore apparve sul suo volto.

“So che non ci siamo mai visti prima d’ora, ma in fondo è come se ci conoscessimo dalla nascita.” continuò Dan.

“Pensavo di averti ucciso, di averla fatta finita per sempre.” commentò tra i denti il Gwinch. “Invece sei ancora qui…”

“In realtà è parzialmente vero quello che pensi; tu hai ucciso il Than, lo hai polverizzato con la tua magia. Non era un’illusione. Ne è nato un altro, però, diverso da prima, eppure animato dallo stesso spirito universale. Io sono un altro rispetto a quel Than, ma in fondo siamo la stessa entità. Lo so, è difficile da comprendere, io stesso ancora non conosco bene tutti gli aspetti di questa situazione. Io non sono come te, non posso rinascere dopo la mia morte; se io muoio, dico addio per sempre alla vita. Dopo di me ne nasce però un altro che è la continuazione della mia esistenza. Rassegnati fratello, non puoi liberarti del Than, così come io non potrò mai farla finita con te. Io sono il Than, anche se mi piace farmi chiamare col nome umano di Dan.”

Il Gwinch ridacchiò in maniera isterica.

“Beh, allora dovremmo trovare un compromesso, sarebbe più facile per entrambi, non credi? Altrimenti le nostre liti non avranno mai fine, e la cosa rischia di diventare stancante…” gli rispose.

“Che cosa proponi?” chiese il Than.

“Lasciamo tutto come è adesso, collaboriamo per impedire che la civiltà vada più avanti o più indietro di come è ora. Mi pare che in questo stato il futuro degli uomini non corra alcun rischio, non ti pare?”

“E questa la chiami civiltà? Quello che mi proponi sarebbe il suggellamento della vittoria delle tue azioni malvagie!” protestò il Than.

“Bada a quello che dici!” urlò il Gwinch puntandogli l’indice. “Che ne sai tu del bene e del male? Io ho agito per la salvezza degli uomini, checché tu ne dica. Hai visto di cosa sono stati capaci, di quali marchingegni siano stati in grado di costruire per distruggersi a vicenda? Li ho fermati in tempo, perché se fossero andati avanti così, la loro mente diabolica avrebbe certamente tirato fuori qualcosa di ancor più devastante. Per te era una vera civiltà quella che io ho meritoriamente contribuito a far sparire? L’inquinamento stava uccidendo il pianeta, la gente idolatrava il dio denaro, nascevano meno figli perché tutti avevano altro di meglio da fare, si producevano sempre meno cibo e sempre più armi. Credi forse che quegli uomini fossero migliori di questi?”

“Hai fatto morire miliardi di persone, lo dimentichi?” ribatté il Than.

“E’ stato un sacrificio indispensabile affinché qualcuno potesse sopravvivere. Gli uomini avevano i giorni contati, io li ho salvati! Ed io sarei il male?”

Dan guardò con rassegnazione il fratello: non sarebbe cambiato mai…

“E dimmi…” continuò. “Ti fai ancora chiamare Mike J. Forther, giornalista del Financial Times? Vai ancora orgoglioso di quel nome?”

“Certamente!” esclamò il Gwinch. “Quello è stato il mio capolavoro. La struttura sociale umana era così traballante che è bastato diffondere qualche notizia falsa per farla implodere. Mi è stato sufficiente gettare fango sul presidente di una società finanziaria per ottenere il mio scopo; al resto hanno provveduto gli stessi uomini. Dopo i miei primi articoli sullo scandalo George Handry, mi sono limitato a riportare la realtà dei fatti, da bravo cronista. Se tu fossi minimamente onesto, mi dovresti dei complimenti!”

Il Than scosse la testa.

“Tu ed io non potremo mai avere un punto d’incontro, non ci sarà mai nessun accordo tra noi due. Ora perdonami se ho fretta, fratello mio, ma ho molto da ricostruire. Devo ucciderti purtroppo, non prendertela a male.”

“Ti capisco, fratello.” rispose serio il Gwinch. “Perdonami però se è mia intenzione difendermi, perché non ho proprio voglia di morire oggi. E se pure dovesse succedere, spero che ci possa essere la maniera di continuare questo discorso alla prossima occasione.”

 

 

 

 

 

FINE